Un podcast di inchiesta per dare voce alle vittime di abusi
Come molti sanno, da diversi anni sono a capo del progetto di Cast Edutainment, una content factory che esplora i nuovi modelli cognitivi. Cast Edutainment è editrice de GliAscoltabili, piattaforma di podcast gratuiti e di altissima qualità.
Daniela Simonetti, che ne è ideatrice, è una giornalista sportiva da sempre impegnata nella lotta contro gli abusi nello sport, un fenomeno purtroppo sempre più frequente e sostanzialmente senza voce. Con la sua associazione Change the Game si è rivolta alla redazione de GliAscoltabili che ha supportato la realizzazione della serie di podcast No Coach. Sei storie di abusi perpetrati ai danni di giovani atleti e atlete da allenatori senza scrupoli pronti a fare leva sulla loro posizione di influenza e potere.
Come speaker radiofonico sono sempre stato ai margini della produzione dei nostri podcast per diversi motivi, non ultimo il desiderio di sperimentare strade nuove e di poter inquadrare, con maggiore efficacia il progetto, senza trovarmi al centro come interprete, come voce di un podcast.
No Coach è stato dunque condotto da una brillante giornalista sportiva, Alessia Tarquinio che in molti conosceranno come commentatrice della Champions League per Prime Video.
No Coach. Un podcast d’inchiesta che richiede immersione.
Essere quindi produttore esecutivo del podcast mi ha permesso di seguire le storie delle vittime di abusi da un punto di vista nuovo. Fino a quando, in occasione del sesto episodio, la storia di Flaminia, una cavallerizza che ha subito abusi per molti anni fino alla maggiore età, da parte del suo coach, sono stato chiamato alla conduzione perché Alessia era impossibilitata.
Sono abituato alle interviste, fa parte del corredo di competenze di ogni cacciatore di storie. Ma quando è arrivato il momento di condurre l’episodio, sono stati tanti i dubbi che mi hanno assalito come speaker e voce del podcast. Che tipo di conduzione adottare? Quale tono di voce? All’inizio ho provato a utilizzare le capacità che ogni bravo professionista della voce deve avere. Ho lavorato di tono, ritmo, intenzione, cercando di seguire le modalità che Alessia Tarquinio aveva applicato, tipiche del suo condurre racconti di inchiesta davanti alla telecamera. Ma, un po’ perché non sono capace come Alessia, un po’ perché ero completamente scollegato dalla vicenda, il risultato è stato decisamente negativo. Non riuscivo a entrare nella storia, ero, come voce del podcast, completamente avulso dal contesto. Ho pertanto chiuso gli occhi e mi sono deciso a riprovarci seguendo l’onda delle emozioni che l’ascolto della testimonianza di Flaminia ha generato. In fondo l’intervista l’ho condotta io, ho guardato negli occhi quella ragazza, mi sono fatto raccontare la sua storia e i particolari di un incubo durato molti anni. È stato così, con grande semplicità, che sono riuscito a condurre l’episodio 6 di No Coach, intitolato “Il Federale”.
Gli Ascoltabili. Un fronte, quello dei podcast, capace di coinvolgere e dare nuova vita alla professione dello speaker.
E qui entriamo in un mondo ancora più interessante e avvincente per chi occupa gran parte della propria giornata davanti a un microfono in sala di registrazione: ovvero allo speaker doppiatore.
In realtà, quello del podcast è un mestiere che poco ha a che vedere con le competenze che uno speaker pubblicitario può vantare davanti al microfono. Il podcast ha dei criteri molto diversi, che si basano sulla generazione di un rapporto empatico tra il conduttore e il suo pubblico, basato sulla condivisione di punti di vista, a volte di emozioni, considerazioni che attengono ai nostri valori, principi. O semplicemente la volontà di intrattenere e il bisogno di essere intrattenuti.
Intendiamoci: uno speaker pubblicitario è anche una persona! E non mancano esempi di attori e doppiatori che si sono cimentati nella realizzazione di podcast basati su contenuti e tematiche che nulla hanno a che vedere con il mestiere della voce.
Diciamo che la regola è una: mettere i contenuti al centro senza fronzoli e senza autocompiacimenti. Purtroppo si tratta di una sfida che non sempre chi usa la voce come lavoro è in grado di vincere con disinvoltura. La tecnica diventa un ostacolo molto più che un’opportunità, e l’effetto che viene generato a volte è di distanza dagli ascoltatori più che di voglia di immergersi e di ascoltare una storia. Questo è uno dei motivi che mi hanno portato a stare alla larga dal podcast in quanto tale.
È vero che ho avuto la grande opportunità di esprimermi in questo ambito per molti anni, nel corso della mia carriera di professionista della voce. Prima negli anni giovanili come conduttore radiofonico, poi più recentemente nel programma radiofonico Destini Incrociati, che mi ha permesso di dare sfogo al bisogno di raccontare storie, sia come autore che come interprete.
Con Gli Ascoltabili, insieme al team che supporta la produzione di ogni giorno, progettiamo e mettiamo in pratica idee nelle quali l’intrattenimento è il catalizzatore del trasferimento di contenuti che a volte possono essere troppo ostici o troppo scomodi per pretendere anche una frazione della nostra attenzionalità. Il podcast è dunque un linguaggio di quel’“edutainment” che quotidianamente in Cast Edutainment cerchiamo di perseguire.
E arriviamo ai risultati che non ti aspetti…
No Coach sbarca all’estero sulle pagine di The Guardian.
Proprio questo spostamento del baricentro del mio essere professionista della voce ad autore di contenuti, ha permesso di ottenere dei risultati altrimenti impossibili, come il varo di progetti di narrazione di grande impatto e di grande soddisfazione. Come No Coach, Storie di abusi nello sport.
L’arricchimento di entrare in contatto con le storie di esseri umani, persone, sensibilità diverse, dare loro voce, in qualche modo, la possibilità di restituire dignità a persone ingiustamente marginalizzate vuoi perché la loro storia è difficile da raccontare, vuoi perché così fa comodo a chi gestisce le leve economiche e organizzative dello sport agonistico, sono tutti obiettivi che è possibile realizzare se diventiamo storyteller. Se, come dicono gli inglesi, ci mettiamo al servizio delle storie (serve the story) piuttosto che come protagonisti della stessa.
È uno sforzo non banale che tuttavia è in grado di dare enormi soddisfazioni. Come quella che ci è capitata nel marzo 2022, quando il podcast No Coach è stato citato come virtuoso esempio di inchiesta, nientemeno che dal famosissimo quotidiano inglese The Guardian.
Le vicende di Khalida Popal, e dei ragazzi e ragazze italiani di cui abbiamo raccontato nella serie, che qui potete ascoltare integralmente, assumono dunque una prospettiva diversa, nella quale si superano i confini del nostro paese, si influenzano ambiti di decisioni importanti come quelle degli organi transnazionali. Insomma: ti fanno sentire professionalmente connesso con un mondo che pulsa e nel quale puoi fare la differenza con il tuo lavoro.
Essere uno speaker pubblicitario regala sensazioni meravigliose. Mettersi al servizio di chi ti chiama per godere della tua unica capacità di interpretare emozioni davanti al microfono, è di grande soddisfazione.
Contribuire a realizzare un progetto in grado di marcare una differenza nella società come No Coach – Storie di abusi nello sport, è di gran lunga molto, molto più esaltante.