L’apertura di nuovi mercati per il voiceover ha creato opportunità anche per i non professionisti

C’è un’abitudine che prende sempre più piede nel mondo della pubblicità: quella di coinvolgere persone “della strada” nel dare la voce a spot pubblicitari. Questo neorealismo di ritorno ha una sua logica, considerato l’imporsi dei social networks e della condivisione sul digital di contenuti personali, individuali, come “guarda che buona la panna cotta del cinese” o ti piace il mio ultimo bikini?”. Siamo sospesi tra la realtà e lo schermo, spesso dando più importanza a quest’ultimo, in quanto custode delle nostre relazioni sociali. Quindi il nostro tempo (che, ricordiamolo, è “finito”) è imbrigliato più nel feed del nostro mondo che da contenuti generati da professionisti del settore. Siamo abituati ad assistere alle performance di amici e parenti sul web, siamo diventati intimi di vicende ordinarie che assurgono a storytelling esemplificativo. Naturale quindi che vengano scritturati non-attori o non- voiceover professionali. Questa “freschezza” della realtà ha naturalmente i suoi lati negativi.

Ad esempio una maggiore difficoltà nei casting, una complicata gestione dei compensi, una difficile gestione in sala di registrazione, perché alla fine il prodotto lo devi dire bene, i suoi benefit li devi “stressare”, le sottolineature dell’offerta devono passare, eccetera eccetera. Il commento ricorrente per noi doppiatori e voci italiane della pubblicità, quando ci troviamo davanti al microfono è: “fammela più buttata via” o cose di questo genere, ed è emblematico di una ricerca di spontaneità che la cosiddetta “voce istituzionale” non può dare per definizione. Con la grande diffusione dei podcast e delle dirette instagram si sono diffusi moltissimo anche i microfoni usb, trasformando moltissimi amatori in aspiranti voice talent. Diciamo che il pubblicitario ha quindi tante possibilità per dare la giusta voce al suo prodotto. Tuttavia la scelta di uno speaker italiano professionista resta sempre un’opzione ricca di vantaggi. Vediamo quali.

Il vantaggio di chiamarsi… un voice artist italiano professionista.

Uno speaker pubblicitario, sarà sempre al tuo fianco
Uno speaker pubblicitario professionista ti è fedele per sempre

Sfrutto il titolo della commedia di Wilde per riprendere in mano una professione che viene trattata e bistrattata, all’occorrenza. Scegliere un professionista resta sempre un’opzione sicura per chiunque ricerchi una voce italiana per ogni tipo di produzione. Dal documentario al radiocomunicato, dal promo al video per YouTube il voice artist nostrano ha molte frecce al suo arco per offrire tanti vantaggi ai suoi committenti. A cominciare dall’affidabilità. Sarà impossibile ottenere da un voiceover un’interpretazione amatoriale (una vera contraddizione in termini), ma almeno sarete sicuri di averne a disposizione le competenze quando volete e nell’orario stabilito. Non vi farà penare davanti al microfono, persino se non avete le idee chiare e volete provare ogni intonazione, dall’istituzionale al sensuale, dall’ironico all’asettico, dall’energico al promozionale. In un’ora ve le portate a casa tutte e ci riempite persino i cassetti (ma perché ogni volta che si registra un’alternativa si dice sempre “facciamola che eventualmente la mettiamo nel cassetto, non si sa mai”?).

Inoltre il costo è certo, è certa la loro disponibilità a fare rifacimenti (le voci non professioniste hanno una mamma che ha appena buttato la pasta, la nonna che ha bisogno di una nuova badante, il fidanzato che rompe perché il mondo della pubblicità è pieno di mandrilli, ecc.) e, in extrema ratio, vi offrono anche la possibilità di registrare nel loro home studio dedicato qualora lo studio di registrazione fosse impegnato in altre sessioni per quella settimana che “se non fai lo spot entro domani mattina potrebbe non sorgere più il sole o venire uno tsunami”. Ebbene, il vostro speaker professionista da casa, nel suo home studio superattrezzato può accendere i preamplificatori anche a mezzanotte e farvi trovare sulla posta elettronica un we transfer con i quaranta files con le quaranta intonazioni diverse che volevate, inclusa la versione ubriaca se quella sera era il suo compleanno e poco prima ha alzato il gomito con gli amici e allora sì che possiamo definirla una versione “fresca, buttata via”. Anzi, da buttare proprio!

Professionalità significa mettersi nei panni dell’altro.

Giacomo Zito Speaker pubblicitario
Sono Giacomo Zito. Ho passato l’estate ad ascoltare i migliori podcast. Sono uno speaker professionista

Una delle caratteristiche dello speaker professionista (ma perché ci ostiniamo a chiamarlo voiceover: sopra che cosa? Non è mica il prezzemolo!) in Italia è che si è allenato ad essere sempre positivo, sempre disponibile, sempre pronto ad affrontare il vostro lavoro come se fosse quello che stava  cercando da anni e che nessuno gli aveva mai offerto a parte voi. Credetemi, è un vantaggio non da poco se come producer state lavorando lo spot di un anti diarroico o di una colla per dentiere. Ci vuole il cuore di un pasdaran o di un militante del risorgimento per fare un lavoro di voiceover come se fosse l’ultimo della tua vita: avete presente Enrico Toti e la sua stampella? E in effetti noi voice talent professionisti italiani pensiamo sempre che si tratti dell’ultimo lavoro, ogni volta che ci squilla il telefono. L’ultimo prima della fine: interrompiamo vacanze in Grecia, scendiamo con gli sci fino a Milano per partecipare a quella sessione, requisiamo le consolle dei dj dei villaggi turistici di Sharm El Sheik per fare il nostro lavoro in collegamento what’s up.

Conosco colleghi che proporrò a Mattarella per dare loro una medaglia e farli Cavalieri del Lavoro, che hanno registrato nella sala ricevimenti dell’ospedale, con la complicità di sound designer esperti di ripresa cinematografica in esterni, con ancora attaccata alla ferita la sacca del drenaggio e la faccia più di là che di qua. Vi amo, vi rispetto. Vi voglio bene!

Io stesso porto sulla mia pancia la cicatrice di un’operazione di cui non ho rispettato il decorso perché mi aspettavano turni di doppiaggio de La signora del West e di Ally Mc Beal (e quando lo ridoppiavo Robert Downey Jr?).

Conosco doppiatrici che girano sotto la pioggia battente con la tuta anti pioggia sullo scooter e quando arrivano nello studio di registrazione chiedono un minuto al bagno e riescono con minigonna ascellare e scollatura esplosiva (ma dove li mettono i vestiti?), e in mano la propria cuffia professionale e negli ultimi tempi anche l’antipop (ma che ne sa un’attrice dell’antipop? Ne sa, ne sa…).

A fronte di questa dedizione, a fronte di immolarsi così crudamente alla causa, questi speaker professionisti italiani si sentono appagati per una convocazione, per un rifacimento che al massimo ti paga la pizza dall’egiziano, il magro cachet di “due settimane sito cliente” e tornano a casa felici di aver servito la vostra causa. Più del più grande amico dell’uomo.

Quindi quando pensate a uno speaker doppiatore professionista che non ha il posto fisso, che non è coperto dai sindacati, che “guarda che non ti posso fare il collocamento”, c’è solo una parola che vale la pena pronunciare e quella parola è RESPECT!



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